Il Gutturnio, l’autoctono emiliano dalle nobili origini

Il Gutturnio rappresenta uno degli autoctoni meno conosciuti ed esplorati in Italia, malgrado sia stato tra i primi dieci vini a ricevere la DOC (Denominazione di origine controllata) nel 1967. 

La Ferraia, un produttore piacentino che produce un ottimo blend di Barbera e Bonarda

Nasce dall’assemblaggio di due uve la Barbera e La Croatina (o Bonarda) e rappresenta il fiore all’occhiello della viticoltura del Piacentino, dove recentemente i produttori si stanno dedicando alla sua valorizzazione, spostando l’idea che lo lega al consumo quotidiano e più “da tavola”. 

Se da un lato questa denominazione è poco conosciuta, la sua origine e la sua storia oltre che controverse, risalgono all’antichità.

Già in epoca romana, Il console piacentino Lucio Calpurnio Pisone (suocero di Giulio Cesare) venne pubblicamente biasimato da Cicerone per l’eccessivo amore nei confronti di questo vino. 

Il nome “Gutturnium” deriva da una grande coppa d’argento le cui origini sembrano discutibili. Lo storico Serafino Maggi lo attribuisce a grande coppa d’argento di circa due litri, il cui esemplare venne rinvenuto nel maggio 1878 sulla sponda piacentina del Po, nei pressi di Croce Santo Spirito, mentre Aldo Ambrogi parla di una coppa con a rilievo la scritta PLACENTIAE, utilizzata nelle cene romane e dissepolta a Velleia nel 1878.

Gutturnium, l’antica coppa d’argento da cui prende il nome la denominazione Gutturnio

Indiscutibile l’intuizione dell’enologo Mario Prati che, nel 1938, volle unire due uve dalle caratteristiche complementari: la Barbera con corpo, carattere e buona acidità e la Croatina (o Bonarda) con la sua potenza, ricca in antociani e polifenoli. Nel 1939 fa la sua prima apparizione in etichetta dell’azienda Manara di Vicomarino (Ziano).

L’uvaggio Croatina appare nel 1908  negli scritti agricoli Piacentini e non ha nulla a che vedere con la Bonarda piemontese, tuttavia entrò nella coltivazione piacentina nel 1930 proprio perché sembrava condividere enormi potenzialità con gli uvaggi piemontesi Nebbiolo e Dolcetto. 

La sua spiccata tannicità formano un connubio vincente con l’acidità della Barbera, la quale compare nella coltivazione del piacentino a metà ottocento. 

La percentuale prevista dal disciplinare, che ne regolamenta la produzione, si presta a una grande variabilità, infatti la percentuali dei vitigni sono le seguenti: Barbera: dal 55 al 70% e la Croatina (localmente detta Bonarda) dal 30 al 45%; esaltando la personalizzazione di ciascun produttore. 

La caratterizzazione può ampliarsi ancora nella tipologia: possiamo spaziare dalla versione frizzante di pronta beva, alla versione ferma detta Superiore, fino ad arrivare alla Riserva, di almeno 24 mesi di invecchiamento ( di cui almeno 6 in botti di legno). Attenzione alla menzione in etichetta di Classico (sia nel Superiore che nel Riserva) che identifica la zona di produzione di Ziano Piacentino.

Al calice si presenta alla vista rosso brillante delle tonalità rubino, tendenti al granato nella versione riserva.  Al naso fruttato con toni talvolta speziati e balsamici. Il palato ben equilibrato tra le durezze e le morbidezze grazie al connubio dei due vitigni.

Non possiamo dimenticare l’abbinamento con il cibo, in una terra così ricca di specialità gastronomiche come L’Emilia. La versione frizzante si abbina facilmente ai più classici taglieri salumi piacentini  (Pancetta, Coppa e Salame DOP) o agli gnocchetti all’acqua e pan grattato con borlotti, conosciuti come “Pisarei e faso” 

La versione ferma può sposarsi benissimo con gli arrosti e i bolliti, brasati e carni alla griglia, insomma piatti più strutturati o formaggi stagionati. Alcuni produttori si stanno dirigendo verso le versioni passite da abbinare ai dessert e allora si che il Gutturnio diventerà “per tutte le occasioni”  come diceva Pisone.

Condividiamo con voi una ricetta che secondo noi sposa alla perfezione con il Gutturnio emiliano e che dopo aver provato non possiamo più farne a meno :

Tagliatella agli asparagi con Crema di Parmigiano Reggiano e Pancetta Piacentina

Tagliatelle agli asparagi con crema di Parmigiano Reggiano e pancetta Piacentina

Di Chef Sergio Ferrarini e Chef Andrea Biondi

Difficoltà Media, Tempo di preparazione: 120 minuti, dosi per 4 persone.

Ingredienti:

400gr Farina bianca 00

4 uova,

Olio evo colline di romagna  dop q.b

600gr di Asparago verde di Altedo Igp

150gr Pancetta Piacentina Dop,

100g Parmigiano-Reggiano Dop grattugiato

100g panna fresca

Sale e pepe qb

Preparazione: Impastare la farina con le uova, l’olio e pizzico di sal fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo; coprire il composto con la pellicola trasparente e tenere a parte per far riposare. Pulire e lavare bene gli asparagi privandoli della parte legnosa del gambo (aiutandosi con un pelapatate se serve); tagliare a tocchetti le punte e metterne da parte alcune da usare come decolorazione. Saltare in una padella antiaderente con un filo d’olio gli asparagi, regolando il sale e  pepe bianco. Tagliare a listarelle la Pancetta Piacentina, rosolarla in padella, eliminando la parte grassa, e unire gli asparagi. A parte scaldare leggermente la panna fresca, aggiungere il Parmigiano-Reggiano grattuggiato e frullate con uno a immersione fino a ottenere una crema liscia e vellutata. Tirare la pasta fino a ottenere una sfoglia sottile, farla asciugare e tagliarla a forme di tagliatelle. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata bollente, scolare e mantecare in padella con la salsa in precedenza ottenuta e servire in un piatto caldo su uno specchio di crema di Parmigiano-Reggiano. Decorare con le punte di asparagi tenute a parte in precedenza. 

Bianca Furii, Wine Fit Trotter

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